Il corpo è il protagonista assoluto della moda maschile di Parigi: sensuale, sessuale, carnale, nudo e crudo come piace a noi di Toh!
Sensualità, sessualità, carnalità, lampi di nudo, guizzi di carne sono questi i punti chiave dei messaggi emersi dalle passerelle francesi. Del distanziamento non ne vuole più sapere nessuno, anzi per il prossimo inverno si punta all’avvicinamento sudato e periglioso, ritornando alla fisicità in tutti i sensi.
In mezzo ai grandi nomi del calendario di Parigi, più folto e di gran lunga più interessante di quello di Milano, i brand che più mi hanno colpito sono quelli in cui il corpo è stato protagonista, forse più dei vestiti.
il corpo è protagonista da Loewe: punto di partenza e di arrivo di un viaggio immaginifico che è una riflessione sulla realtà altamente fabbricata che tutti viviamo.
La nudità, il grado zero di ogni cosa, è insieme evocata e distorta nelle stampe iperrealistiche di corpi rimpiccioliti su tute seconda-pelle.
L’assunto intorno al quale lavora il direttore creativo, Jonathan Anderson – uno dei pochi designer, oggi, capaci di creare show che scatenano l’immaginazione invece di essere brutali vetrine di prodotto – è che niente è come sembra.
Parte dagli archetipi del guardaroba maschile – i boxer, la t-shirt, il cappotto, i jeans, ma anche il montone a pelo lungo da hippie e gli shorts da go go dancer- e li taglia con linee di luce al led – vera – oppure li decora con filtri da scarico del lavandino, li rimpicciolisce incollandoli addosso, o ancora li espone nella loro cruda ed evidente banalità.
Il percorso è ondivago, astratto, e per questo ipnotico da seguire, pieno di tenere surrealtà come le fibbie che dicono Hello o Smile, o le maglie marinare con imbottiture a forma di cuore.
C’è qualcosa di molto sensuale nel labirinto montato su un pavimento di sabbia: una selva che irretisce e che ricorda il deboscio dell’isola di Fire Island.
A quell’energia pre-AIDS rimanda la proposta più diretta e più chiara di tutto lo show: un paio di jeans e una maglietta bianca, ovvero la seduzione strippata al grado zero.
Louis-Gabriel Nouchi ha pensato ai Paradisi Artificiali di Baudelaire, ma nel trasporli nell’oggi sostituisce la notte in discoteca allo stordimento oppiaceo. Si parte in nero e si finisce in mutande e corpi sudati, in un progressivo svestimento fatto di linee fluide e tagli maliziosi. Divertentissima.
Da Kenzo, per il debutto nel ruolo di direttore creativo, il giapponese Nigo – Dj, designer, – sceglie la Galerie Vivienne, il posto in cui nel 1970 Kenzo Takada aprì la boutique, Jungle Jap, inizio della sua storia parigina.
È la prima volta da quando Takada ha lasciato il timone che il posto di guida viene dato ad un giapponese, e questo genera un forte senso di riconnessione.
Il fatto è che Takada era un designer, mentre Nigo è un vulcanico non professionista, di quelli che al momento, sull’onda di Kanye West/Virgil Abloh, spopolano e che ahimè vanno tanto di moda.
La collezione è fatta di pezzi pensati puramente per vendere, che in passerella muoiono, mentre dal punto di vista stilistico ha un che di turistico, come una serie di clichè francesi – dall’artista con il basco allo scolaro – visti da uno straniero.
Di per sè è anche una idea azzeccata, che necessita però di energia, spirito vitale, e soprattutto coesione stilistica. Il seme del nuovo Kenzo, marchio quanto mai bistrattato, va fatto germogliare con più cura, o si rischia di annientare una gloriosa eredità. sesso Parigi sesso Parigi sesso Parigi